giovedì, Giugno 19, 2025

Anche le Forze dell’Ordine possono sbagliare

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Lo scorso 23 Febbraio, a Pisa, un corteo di giovani pro-Palestina è stato caricato e manganellato dagli agenti dell’Ottavo Reparto mobile di Firenze. L’episodio ha suscitato nei giorni a seguire sia atti di solidarietà verso i giovani che sono stati vittime della forza ingiusta delle forze dell’ordine sia atti di vicinanza verso la figura di quest’ultimi, verso “chi ogni giorno rischia la sua incolumità per garantire la nostra” (Giorgia Meloni). Anche il sindaco di Pomezia, Veronica Felici, ha espresso la propria solidarietà verso l’istituzione delle forze dell’ordine, come ha riportato lei stessa in un post su Instagram.

Le parole di Mattarella

“Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”

Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva commentato così l’azione delle forze dell’ordine contro i ragazzi di Pisa, in una nota della presidenza della Repubblica: “l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”

La risposta di Piantedosi e Salvini

Il Ministro dell’interno Piantedosi ha così commentato alla Camera: “La visione delle immagini degli scontri di Pisa, circolate sui media, ha turbato anche me. Siamo aperti a ogni analisi e autocritica […] Tutti auspichiamo che le manifestazioni pubbliche si svolgano pacificamente e senza incidenti e quando si giunge al contatto fisico con ragazzi minorenni è comunque una sconfitta ed è ancor più necessario svolgere ogni verifica con puntualità, obiettività e trasparenza. […] Consentitemi di sottolineare il diritto degli appartenenti alle forze di polizia di non subire processi sommari. Sono lavoratori che meritano il massimo rispetto! La gestione dell’ordine pubblico è un impegno quotidiano, delicato e non privo di rischi, svolto con la massima dedizione dalle donne e dagli uomini in divisa».

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini, interrogato da alcuni giornalisti sulle immagini di Pisa, ha dichiarato: “Mi hanno fatto sicuramente impressione, ma per quello che mi riguarda non si mettono mai in discussione le Forze dell’Ordine. Un poliziotto, così come un carabiniere, un operaio, un ingegnere, un ministro, come un barista può sbagliare. Ci sta, e si lavora per sbagliare sempre meno. Mettere in discussione centinaia di migliaia di donne e uomini in divisa è pericoloso per la tenuta della Repubblica. Quando la gente manifesta chiedendo l’autorizzazione e non insultando i poliziotti, non sputandogli in faccia non rischia nulla. Se mio figlio gridasse ‘sbirro infame’ ci penserei io.”

Cosa dice il diritto?

“Sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.”

Art. 52 c.p.

L’Art. 17 della Costituzione dice: “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”.

Le Forze dell’Ordine sono quindi legittimate ad intervenire durante le manifestazioni, anche con l’impiego della forza, ma solo in caso di gravi e comprovate ragioni di sicurezza.

Secondo il “Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza” (T.U.L.P.S.), la polizia può caricare nei casi di adunanze “sediziose” (quelle adunanze che fomentano o promuovono un’azione violenta contro i poteri costituiti, che mettono in pericolo l’ordine pubblico o la sicurezza dei cittadini, e/o durante le quali si commettono delitti) che non vengono sciolte dai manifestanti nonostante i ripetuti avvertimenti delle Forze dell’Ordine. La carica di polizia deve durare per il tempo strettamente necessario a riportare il luogo in sicurezza.

L’uso della forza da parte degli agenti è consentito anche per legittima difesa, ma in tal caso la stessa deve essere proporzionata all’offesa (Art 52 c.p.). In caso di insulti un poliziotto non può manganellare un manifestante.

I Codici Identificativi

“Contribuirebbero a garantire che coloro che agiscono in violazione degli standard internazionali non restino impuniti”

Amnesty International

In Italia gli agenti di polizia hanno l’obbligo di identificarsi soltanto se in borghese (in abiti civili). I poliziotti devono sempre portare la propria tessera di riconoscimento, ma la devono esibire solo nel caso di servizio in borghese portando «sull’abito in modo visibile una placca di riconoscimento».

Vari organismi internazionali hanno richiesto di introdurre regole di identificazione delle forze dell’ordine durante le manifestazioni pubbliche, specialmente dopo le vicende del G8 di Genova del 2001. Il 12 novembre 2012 il Parlamento europeo ha votato per l’introduzione del numero identificativo per le forze dell’ordine, ma questa risoluzione non ha alcun valore vincolante per l’Italia.

Anche negli altri stati la situazione è molto variegata: in Francia la Polizia deve portare sulla divisa un codice ben visibile, mentre nel Regno Unito gli agenti devono mostrare il proprio distintivo solo se in borghese.

Tra le associazioni che più spingono per un cambio di rotta troviamo Amnesty International che da anni “chiede che siano introdotti, con una specifica integrazione della normativa vigente su armamento e divise delle forze di pubblica sicurezza, i codici identificativi numerici o alfanumerici per gli agenti e i funzionari di polizia impegnati in operazioni di ordine pubblico. La normativa vigente oggi non prevede che gli agenti siano identificabili, in particolar modo mentre svolgono attività di “servizio d’ordine” durante manifestazioni, proteste o assemblee. I codici identificativi rappresenterebbero invece un’importante salvaguardia contro l’uso illegale della forza da parte delle forze di polizia e contribuirebbero a garantire che coloro che agiscono in violazione degli standard internazionali non restino impuniti. Gli agenti dovrebbero essere chiaramente identificabili in ogni momento.”

La questione delle bodycam

Già nel 2022 la senatrice Ilaria Cucchi aveva presentato un progetto di legge, rimasto fermo in Parlamento, che evidenziava la necessità di dotare tutte le forze dell’ordine non solo di codice identificativo, ma anche di bodycam. A Gennaio 2022 il ministero dell’interno a ha pubblicato delle linee guida per disciplinare l’uso delle 1000 body cam in dotazione alle forze di polizia e carabinieri sul territorio nazionale, un numero di molto inferiore alle attuali forze dell’ordine.

Queste le parole di Ilaria Cucchi il giorno dopo aver presentato il disegno di legge: “I primi a volere le telecamere non possono non essere proprio le poliziotte e i poliziotti, che durante tutte le manifestazioni sono ormai immortalati da migliaia di telefonini pronti a cogliere qualsiasi comportamento. Con le bodycam, almeno in parte, ci sarebbe un riequilibrio e una maggiore tutela anche per i cittadini attraverso immagini certificate dallo Stato, senza rischio di manipolazioni”

In Europa sono diversi i paesi ad incorporare le bodycam tra gli strumenti a disposizione delle forze dell’ordine, come le forze di polizia tedesche, britanniche e svedesi.

Il problema della Privacy è facilmente risolvibile: vengono oscurati i volti delle persone e si mantengono solo dati generici quali l’altezza o i colori degli indumenti indossati da parte di eventuali sospetti/fuggitivi, dando la possibilità alle forze di polizia di effettuare ulteriori indagini.

Ilaria Cucchi, Senatrice della Repubblica Italiana

Cosa servirebbe davvero

Quello che è successo a Pisa rimane una ferita aperta che in pochi stanno provando veramente a ricucire. Una condanna sommaria all’istituzione delle “forze dell’ordine” non solo è sbagliata, ma soprattutto vana e generica; come del resto una difesa ad oltranza di questa istituzione che ha, in maniera evidente, qualche problema. Dietro ogni divisa c’è prima di tutto una persona, ed è proprio per questo che ad essere giudicata del proprio operato deve essere la singola persona che ha agito, non un reparto specifico delle forze dell’ordine o l’insieme generale.

Quello che è successo deve servire come spinta per un processo di avvicinamento tra la cittadinanza e la figura dell’ordine pubblico, altrimenti lo spacco tra i due mondi diverrà sempre più incolmabile e portato avanti solo dalla violenza.

Gian Mario Mazzola
Gian Mario Mazzola
19 anni. Studente di Giurisprudenza presso l'università La Sapienza di Roma. Appassionato di storia, politica e letteratura. Mi occupo di politica locale, nazionale e di approfondimenti sul nostro passato politico.

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